artigianato Archivi | Sardegna Magazine
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filigrana

Intrecci d’oro e d’argento. La magia della filigrana sarda

La tradizione, le consuetudini, la magia. Sono solo alcuni degli elementi che contraddistinguono i gioielli sardi in filigrana. Una lavorazione antichissima che prevede l’intreccio di fili sottilissimi di oro e argento, diventata un segno distintivo della Sardegna. Parlando con l’orefice Gavino Saba (che della filigrana ha fatto la sua vita) sembra di viaggiare nel tempo. L’impulso maggiore per la lavorazione arriva nel Medioevo in cui inizia la costruzione dei fili con le trafile e in Sardegna “sbarca” grazie agli spagnoli. Da allora gli artigiani orafi sardi non hanno mai smesso di creare gioielli che sono entrati a far parte della loro identità. Il bottone (“su buttoni”) è infatti uno degli accessori per eccellenza degli abiti tradizionali. Ogni gioiello sardo ha un significato. Come gli orecchini “a palia” (a forma di pala) che venivano indossati dalle donne che provenivano da una famiglia di panificatori, o gli orecchini a grappolo d’uva che stavano invece a indicare una donna che apparteneva a una famiglia di agricoltori, o come “su kokku” il pendaglio d’argento che veniva agganciato alle culle dei bambini per allontanare gli spiriti malvagi. Un simbolismo prezioso che permea l'intero artigianato sardo, un modo silenzioso per comunicare e tramandare....

Telaio-del-meriggio-Maria-Lai1970

Il fare delle donne. Magia di Sardegna

Tutto ciò che c'è di bello e di gentile in Sardegna è di mano femminile. Queste le parole dello scrittore Giuseppe Dessì, pronunciate mentre osservava operare l'amica e vicina di casa a Roma Maria Lai, l'artista di Ulassai che fece del recupero dei lavori quotidiani femminili e della fiabe tradizionali la sua peculiare cifra espressiva. Come la sua interpretazione per immagini (ne Il dio distratto) della fiaba delle piccole janas, le fate operose che, nate da una scintilla divina, anelano al raggiungimento della dimensione umana, e la ottengono creando uno stato d'attesa. Per millenni giocano a “fare le donne”, scavando case nella roccia (domus de janas), costruendo telai d'oro, filando e tessendo. Preparando, cioè, tutta quella sapienza divina che avrebbero consegnato alle donne una volta giunte nell'isola. Le sue opere sono trame di stoffe, libri cuciti e opere concettuali che recuperano e sfidano le tradizioni, come dimostra l'opera Legarsi alla montagna, ideata per il paese natio Ulassai, nel cuore dell'Ogliastra. La sapienza manuale in Sardegna è un' arte prettamente femminile, che richiede pazienza e legame con la memoria, attraverso il passaggio di consegne tra generazioni. Una delle più antiche è sicuramente quella legata alla tessitura del bisso. Tale fibra tessile di origine animale veniva estratta, sin da tempi remoti, da alcuni molluschi come la Pinna Nobilis. Secondo la leggenda, la produzione della “seta marina” sarebbe giunta a Sant'Antioco con Berenice, che visse nella località sarda con l'imperatore Tito, suo marito. Appartenente alla casata di Erode, la donna portò con sé la conoscenza di questo antico sapere, custodendolo e tramandandolo a sua volta. La Pinna Nobilis, tuttavia, è ora a rischio di estinzione e la sua pesca e lavorazione praticamente inesistenti. Ma non in Sardegna. A Sant'Antioco infatti, vive e lavora Chiara Vigo, l'unica detentrice in Europa di questa preziosa arte, appresa dalla nonna, e che si propone di tramandare a sua volta con gesti e parole da antica sciamana. L'arte del bisso – dice – non è di sua proprietà, e non ne può fare commercio: è piuttosto un insieme di valori che ha il dovere di trasmettere alle generazioni future. Anche l'arte del ricamo, giunta in Sardegna dall'Oriente, trova nelle mani sapienti delle donne di questa terra la sua affermazione più superba. Basta dirigersi nella pittoresca Bosa, o a Oliena, per ammirare ancora oggi le donne sugli usci delle loro case, produrre curve i loro filet, o gli scialli variopinti. Ma non si pensi a loro come a dei monumenti viventi, intente a ripetere dei repertori immutati: alcuni dei loro lavori si possono ammirare tra le collezioni di uno stilista di fama mondiale come Antonio Marras. Nella Foto: Telaio del meriggio, Maria Lai 1970, opera appartenente alla collezione della Stazione dell'arte ...

botteghe

Rivelazioni di una Cagliari operosa e genuina

Viaggio nelle botteghe del centro storico, dove gli artigiani spiegano orgogliosi le loro creazioni.   In via Cavour pennellate leggere e acquose tracciano panorami cagliaritani. Nel corso Vittorio Emanuele una mano nodosa, sguardo chino sul banco da lavoro, intreccia sottili fili d’oro attorno a una gemma. Pochi metri più avanti, in piazza Yenne, un vassoio si colma di piccoli capolavori candidi in pasta di mandorle. È la Cagliari delle botteghe, una città quasi nascosta nello scorrere impetuoso di auto e passi e routine. Basta tendere lo sguardo, educarlo a scovare le vetrine più semplici, infissi in legno e luci soffuse. Varcata la soglia, il salto nel passato è compiuto. Si osserva, s’impara, si gusta nello spazio di un attimo, in un luogo che somiglia a casa. Dove l’artigiano di turno inviterà ad accomodarsi. Spiegherà, orgoglioso, il suo lavoro e le creazioni che sono come figlie. E magari, come al laboratorio di ceramica Raku di piazzetta Dettori, fornirà seggiola, una piccola mattonella quadrata e un set di colori e pennelli. Per creare, tra una chiacchiera e l’altra, una ceramica personalizzata. Solo una delle tante rivelazioni di una città operosa e genuina....

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